A cura di EPASA-ITACO Area normativa
Si è tenuto di recente a Roma, un Convegno dell’INPS avente ad oggetto l’analisi dei divari di genere del mercato del lavoro e nel sistema previdenziale, su proposta del CIV, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, finalizzato ad esaminare la struttura e le dinamiche occupazionali, economiche e sociali del Paese anche con riferimento alle prestazioni previdenziali e assistenziali erogate dall’Istituto.
Dai dati INPS emerge come, nel settore privato non agricolo, la presenza femminile è aumentata marginalmente, passando dal 40,6% nel 2010 al 41,7% nel 2022. E tuttavia, le donne continuano a essere concentrate in ambiti lavorativi specifici, con una marcata “segregazione occupazionale” orizzontale. Ad esempio, nel 2022, la maggioranza delle donne lavorava nei settori sanitario, dell’istruzione e degli alloggi/ristorazione, mentre erano sottorappresentate nel settore manifatturiero.
L’analisi effettuata dall’Istituto riporta anche il dato per cui le donne, oltre ad essere sovra-rappresentate in settori meno retribuiti ed essere poco presenti nelle posizioni di vertice, tendono a lavorare per un numero minore di giorni (nel 2022, nel settore privato i giorni retribuiti sono in media 221 per le donne e 234 per gli uomini) e sono spesso assunte con contatti part-time (l’incidenza del part-time sfiora il 50% tra le donne e in molte regioni del Sud supera il 60%). Quando si comparano donne e uomini con stesse caratteristiche individuali e occupazionali e che lavorano all’interno della stessa impresa il gap nelle retribuzioni annuali è pari a circa il 12% e a circa il 10% nelle retribuzioni giornaliere.
Le dinamiche sopra descritte incidono, di conseguenza, sui trattamenti pensionistici. L’analisi condotta dall’INPS evidenzia, infatti, che queste disparità hanno un impatto diretto sulle pensioni e un impatto indiretto attraverso contributi inferiori, causati da carriere lavorative meno costanti, anche a causa dei compiti di cura e di famiglia cui le donne sono maggiormente sottoposte rispetto agli uomini. Le riforme del sistema pensionistico (soprattutto la c.d. “Riforma Fornero” del 2012) hanno, nella sostanza, equiparato i requisiti di accesso al pensionamento tra uomini e donne, ma le disparità persistono. Nel 2022, su circa 16,1 milioni di pensionati, il 52% è composto da donne, le quali percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici totali (€ 141 miliardi), con un importo medio mensile di € 1.416, inferiore del 36% rispetto agli uomini. Nel corso degli ultimi 20 anni, il divario di genere è cresciuto costantemente, passando da € 3.900 nel 2001 a € 6.200 nel 2022, in termini nominali.
Non restano esclusi, dall’analisi di tali disparità, gli strumenti di cura familiare come ad esempio i congedi parentali. L’INPS osserva, infatti, che le relative domande sono effettuate per l’80% del volume totale dalle madri.
Con riferimento al congedo di paternità, introdotto in via sperimentale per gli anni 2013-2015, i dati dimostrano invece come la fruizione dello stesso sia gradualmente aumentato negli anni, passando dal 19% del 2013 al 64% del 2022. I dati mostrano anche, però, come le percentuali varino ancora a seconda delle caratteristiche individuali e lavorative degli interessati: la percentuale è maggiore per gli occupati nel settore Industria (69% nel 2022), minore per gli impiegati nel settore agricolo Alloggio e Ristorazione (33% circa nel 2022); risulta più elevato nelle aziende di grandi dimensioni rispetto alle piccole imprese, e tra i lavoratori a tempo indeterminato: in sintesi, le percentuali tendono a crescere al migliorare della condizione economica del lavoratore.