A cura di Antonio Licchetta – Responsabile Area Normativa EPASA-ITACO
La Legge n. 213/2023, manovra di Bilancio per il 2024, contiene significative misure dirette ad incidere sulla disciplina previdenziale e pensionistica in vigore.
Si tratta di interventi numericamente rilevanti, talvolta sperimentali, altre volte contingenti e, pertanto, tutt’altro che strutturali. L’impressione che ne deriva è che essi siano diretti, il più delle volte, a contenere la spesa e generare risparmi e, altre volte, quando espansivi, presi in uso nel tentativo di imprimere un carattere identitario alla manovra stessa e alle politiche di cui essa è espressione.
In questo senso vanno intese infatti le misure in favore delle famiglie, della genitorialità e delle donne con figli. Per queste ultime è previsto, ad esempio, se lavoratrici, l’esonero totale dei contributi previdenziali (per il triennio 2024-2026) e, se pensionande, importanti “sconti” sui requisiti richiesti per accedere alla pensione.
Di contro, importanti risparmi deriveranno invece, ad esempio, dall’inasprimento dei requisiti richiesti per accedere ai trattamenti pensionistici e dal ricalcolo di alcuni di essi (in particolare medici e altri lavoratori del pubblico impiego), oppure dalla rivisitazione, ancora una volta al ribasso, del meccanismo di adeguamento delle pensioni all’inflazione.
Seguono poi una serie di interventi sociali di dubbia portata, come ad esempio l’estensione al primo trimestre 2024 del contributo straordinario a beneficio dei titolari di bonus sociale elettrico e il rifinanziamento sia della misura “carta dedicata”, per l’acquisto di beni di prima necessità da parte di soggetti che presentino determinate condizione reddituali, sia del Fondo di garanzia per la prima casa destinato alla concessione di garanzie su mutui ipotecari. Per l’anno 2024, inoltre, è stabilito che il canone di abbonamento alla televisione per uso privato sia ridotto da 90 a 70 euro.
A favore delle famiglie sono previste nuove risorse per il pagamento delle rette degli asili nido mentre, come già accennato sopra, per il periodo 2024-2026, per le donne lavoratrici dipendenti del settore privato e pubblico con contratto a tempo indeterminato, che abbiano tre o più figli, fino al compimento del diciottesimo anno del figlio di età inferiore, è prevista la riduzione del 100 per cento dei contributi previdenziali a carico della lavoratrice, fino al limite massimo annuo di 3.000 euro. Per il medesimo periodo 2024-2026, tale esonero è riconosciuto anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al compimento del decimo anno di età del figlio di età inferiore. L’esonero non è riconosciuto per i rapporti di lavoro domestico.
Una misura migliorativa è inoltre prevista in materia di congedi parentali, mentre, sul fronte pensionistico, gli interventi sono di tutt’altro tenore e si può dire che essi seguono almeno tre linee direttrici comuni: il disincentivo economico per accedere al pensionamento; l’inasprimento dei requisiti; il trattamento di favore per le donne con figli.
In merito alla prima (disincentivo economico), essa si sostanzia in diverse forme, come ad esempio l’imposizione di un tetto di importo oltre il quale la pensione non sarà riconosciuta; oppure attraverso il ricalcolo del trattamento secondo il meno favorevole sistema contributivo; o, ancora, attraverso la incompatibilità tra pensione e redditi da lavoro eventualmente prodotti.
In merito alla seconda direttrice (inasprimento dei requisiti), si assiste ad una serie di modifiche volte, alternativamente, ad innalzare il relativo requisito anagrafico richiesto (come per Opzione donna e APE sociale) o la c.d. “finestra di accesso” quale lasso di tempo necessario solo decorso il quale sarà possibile liquidare concretamente la pensione.
In ultimo, il trattamento di favore per le donne con figli si ravvisa tanto nell’accesso al pensionamento attraverso Opzione donna, quanto nel “tetto di importo” per esse richiesto in misura inferiore rispetto agli altri lavoratori per la pensione anticipata dei “contributivi puri”. Tale impostazione, è bene rimarcarlo, ripropone quella impronta risarcitoria nei confronti della donna che mal si concilia con il diritto previdenziale di accesso alla pensione e con la parità di genere comunque intesa.
Altra importante novità, in tema pensionistico, è relativa all’accesso al pensionamento di vecchiaia dei cosiddetti “nuovi iscritti” (coloro cha hanno iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996). Per essi è previsto che il trattamento non debba essere inferiore a 1 volta l’assegno sociale (503,27 euro nel 2023) e non più a 1,5 volte (754,905 euro). Tale misura, apparentemente favorevole per il pensionando, rischia in realtà di produrre e incentivare l’erogazione di pensioni ai limiti della sussistenza e di ignorare, di fatto, il principio costituzionale di adeguatezza delle prestazioni pensionistiche.
Rientra concettualmente in ambito pensionistico anche la perequazione dei trattamenti, per la quale, nel modificare le novità dal medesimo Governo introdotte l’anno scorso, è previsto, oltre ad un risparmio complessivo di circa 1,3 miliardi, il seguente meccanismo di rivalutazione per il 2024:
a) 100% per i trattamenti pensionistici pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS;
b) 85% per i trattamenti pensionistici pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo;
c) 53% per i trattamenti pensionistici tra 5 e 6 volte il trattamento minimo;
d) 47% per i trattamenti pensionistici tra 6 e 8 volte il trattamento minimo;
e) 37% per i trattamenti pensionistici tra 8 e 10 volte il trattamento minimo;
f) 22% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 10 volte il trattamento minimo INPS.
Le pensioni insomma, da grandi assenti nelle prime versioni della manovra, assumono un ruolo da protagoniste, ma in negativo, nella stesura definitiva della Legge di bilancio per l’anno appena iniziato.