Di Antonio Licchetta – Responsabile Area normativa Patronato Epasa-Itaco
Anche l’ultimo rapporto sul benessere equo e sostenibile dimostra, ad una attenta lettura, come alcuni diversi indicatori che lo compongono siano molto complessi e tra loro strettamente connessi, perchè attraversati trasversalmente da dinamiche che formano un minimo comune denominatore capace di generare, appunto, benessere sociale in diversi ambiti.
Ciò si può dire, ad esempio, dell’indicatore del lavoro e conciliazione dei tempi di vita che, se pienamente soddisfatto, produce indubbi benefici su (e al tempo stesso si nutre dei benefici derivanti da) relazioni sociali, qualità dei servizi, benessere soggettivo, salute, patrimonio culturale.
Il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che a sua volta è strettamente connesso al tema della famiglia e della natalità, è stato oggetto di recenti apprezzabili attenzioni politiche e legislative, che hanno consentito di integrare e aggiungere ulteriori tasselli al Testo Unico sulla maternità e paternità (D.Lgs n. 151/2001), all’assistenza dei soggetti con disabilità (Legge n. 104/1992) e, sul piano più strettamente lavoristico, alle tipologie contrattuali esistenti (lavoro agile e part-time su tutti).
Inoltre, particolari attenzioni al tema sono state riservate anche da parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con importanti risorse stanziate nelle relative missioni di competenza.
In merito ai recenti interventi normativi, è bene ricordare la Legge n. 32/2022 e il Decreto legislativo n. 105/2022, recanti, rispettivamente, “Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia” e “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori”.
A conferma della complessità del tema, e di come esso sia strettamente collegato ai diversi altri indicatori di benessere sociale sopra citati, la citata Legge n. 32/2022 contiene “disposizioni di delega al Governo per l’adozione, il riordino e il potenziamento di disposizioni volte a sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa e inclusiva dei bambini e dei giovani, per sostenere l’indipendenza e l’autonomia finanziaria dei giovani nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro di entrambi i genitori e per sostenere, in particolare, il lavoro femminile” (art. 1).
Con particolare riferimento alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, la delega al Governo, che dovrà essere esercitata entro aprile 2024, deve attenersi a taluni princìpi e criteri direttivi specifici, diretti a:
a) prevedere una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli, fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite dai contratti collettivi di lavoro;
b) prevedere, nel limite di risorse programmate a tali fini, incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che, ai fini dell’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro, prevedono modalità di lavoro flessibile con facoltà dei lavoratori di chiedere, secondo le previsioni dei medesimi contratti, il ripristino dell’originario regime contrattuale;
c) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, strumenti agevolati per la disciplina delle prestazioni di lavoro accessorio riferite ad attività di supporto alle famiglie in ambito domestico e di cura e assistenza alla persona;
d) prevedere, nel limite di risorse programmate a tali fini, forme di agevolazione, anche contributiva, a favore delle imprese per le sostituzioni di maternità, per il rientro delle donne al lavoro e per le attività di formazione ad esse destinate;
e) prevedere che una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui alla Legge n. 662/1996, sia riservata all’avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni;
f) prevedere il rifinanziamento del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, di cui al D.Lgs n. 80/2015;
g) prevedere ulteriori interventi di rafforzamento delle misure volte a incentivare il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno;
h) prevedere ulteriori incentivi per favorire l’emersione del lavoro sommerso in ambito domestico, con particolare riferimento alla condizione delle lavoratrici del settore;
i) promuovere il sostegno alla formazione in materia finanziaria delle imprenditrici e alla digitalizzazione delle imprese.
Oltre ai condivisi obiettivi che il legislatore intende raggiungere con le deleghe di cui sopra, colpisce favorevolmente il coinvolgimento e il riconoscimento del ruolo svolto dalle parti sociali nei processi, anche culturali, che si intendono innescare o agevolare.
Si accennava, in apertura di questo scritto, al fatto che sia stata dedicata una parte non irrilevante del PNRR al tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. In effetti, e a conferma del carattere trasversale del tema, esso è rintracciabile tanto nella Missione 5 del Piano (Inclusione e coesione: Politiche per il lavoro; Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore; Interventi speciali per la coesione territoriale) quanto nella Missione 4 (Istruzione e ricerca: dagli asili nido alle università; dalla ricerca all’impresa) e 6 (Salute: Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina; Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale).
Sugli opportuni e auspicabili interventi di cui sopra gravano tuttavia, al momento in cui si scrive, grossi interrogativi circa l’immediato e completo utilizzo degli ingenti fondi a disposizione. Dall’ultima relazione semestrale del PNRR, illustrata dal Ministro Raffaele Fitto, emergono infatti seri dubbi circa il rispetto dei tempi e la completa attuazione stessa delle diverse missioni contenute nel Piano.
Nella malaugurata ipotesi che ciò avvenisse, non solo l’indicatore del lavoro e conciliazione dei tempi di vita, ma anche gli altri ad esso connessi si priverebbero di un importante slancio utile ad incrementare significativamente il benessere sociale nel nostro Paese.
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